Sino a pochi decenni fa, lo studio della mente e del comportamento umano erano sostanzialmente appannaggio della psicologia e la filosofia.
Nonostante sia possibile identificare la nascita delle neuroscienze attorno al V secolo a.C., la disciplina moderna fiorì negli anni ’60 portando un grande contributo nella comprensione delle basi biologiche dell’apprendimento e la memoria (1).
Senza entrare nel dettaglio, possiamo dire che le neuroscienze, nel tracciare i tratti generali della disciplina, fanno spesso affidamento a termini come “percezione” e “memoria” nell’analisi delle funzioni cerebrali.
Sappiamo per esempio che la Verticale Visiva Soggettiva (VVS) supporta la percezione visiva mentre il lobo temporale mediale è coinvolto nei comportamenti complessi interrelati come memoria e apprendimento (2).
Impiegare queste sole conoscenze per descrivere e categorizzare i processi neurali non è però sufficiente.
Dopo decenni di ricerche, il rapporto tra sistema percettivo e mnemonico rimane comunque una questione aperta.
RETI NEURALI CONVOLUZIONALI PER COMPRENDERE IL FUNZIONAMENTO DELLA NOSTRA MENTE
In una loro recente pubblicazione, il dottorando Tyler Bonnen e il professor Daniel Yamins dello Stanford Institute for Human-Centered Artificial Intelligence (HAI), hanno cercato di sbrogliare la questione impiegando moderni strumenti di calcolo basati sull’AI (3).
Il team di ricerca ha proposto una soluzione fondata sui recenti progressi nel campo della Computer Vision basata su modelli computazionali in grado di predire la risposta neurale del sistema visivo dei primati, ovvero la Rete Neurale Convoluzionale (CNNs): un tipo di rete neurale artificiale feed-forward in cui i pattern di connettività tra i neuroni è ispirato dall’organizzazione della corteccia visiva animale (4).
Nei loro studi, Bonnen e Yamins hanno inizialmente raccolto 30 esperimenti pubblicati precedentemente e, impiegando gli stessi stimoli (stesse immagini, stesse composizioni, stesso ordine di presentazione ecc), hanno determinato il grado di accuratezza del modello da loro sviluppato.
Bonnen ha dichiarato che il framework è in grado di predire il comportamento di soggetti con lesioni al lobo temporale mediale mentre i soggetti sani sono invece in grado di superare di gran lunga tale modello: questo dimostra la chiara implicazione dell’MTL in quelli che sono stati a lungo definiti come perceptual behaviors dipanando così decenni di apparenti incongruenze.
In merito alla relazione tra MTL e “percezione” invece, Bonnen afferma che “sebbene tale interpretazione sia del tutto coerente con i nostri risultati, non ci interessa quali parole le persone dovrebbero usare per descrivere queste abilità dipendenti dall’MTL. Siamo più interessati a utilizzare questo approccio di modellizzazione per capire come l’MTL supporta i comportamenti” sottolineando come, a differenza dei precedenti studi, non ci sia un sostanziale vantaggio teoretico, quanto metodologico.
“Abbiamo dimostrato una grande proof of principle: questi metodi computazionali biologicamente plausibili possono aiutarci a comprendere i sistemi neurali oltre le cortecce visive canoniche” conclude lo studioso.
CONCLUSIONI
Per comprendere meglio il funzionamento delle reti neurali della nostra mente un grande contributo viene dalle pubblicazioni degli studiosi Bonnen e Yamins dalle quali è emersa la centralità del Lobo Temporale Mediale (MTL) in tutti quelli che vengono definiti perceptual behaviours.
Le reti neurali artificiali e in particolare le Reti Neurali Convoluzionali hanno quindi permesso un grande passo in avanti verso una più profonda comprensione del funzionamento delle reti neurali della nostra mente.
Risorse:
(2) https://www.policlinicocampusbiomedico.it/otorinolaringoiatria/ambulatorio-di-vestibologia
(3) https://www.cell.com/neuron/fulltext/S0896-6273(21)00459-1
(4) https://it.wikipedia.org/wiki/Rete_neurale_convoluzionale